Maglie calcio piatek

“Dei 50 eventi più visti nella storia della tv italiana, 49 sono partite di calcio. Ma lei segna due gol, e a fine partite il ragazzino viene a chiederle scusa e a farle i complimenti. Tra la fine degli anni 2010 e l’inizio degli anni 2020, la comunicazione visiva del club ha cominciato a essere caratterizzata dal sempre più frequente utilizzo di una nuova variante del logo, che, inizialmente, non rimpiazzò, ma, in qualche modo, affiancò quello tradizionale, ponendo in essere un graduale processo di avvicendamento: le forme che componevano il logo – disco e corona – sono state svuotate del proprio riempimento cromatico e, dunque, semplificate, lasciando in essere il solo contorno. Alla fine del campionato, interrotto causa Covid-19, dopo una stagione ricca di alti e bassi il Maglie si classifica settimo con 35 punti, ma l’accoglimento del ricorso della società e il relativo annullamento della penalizzazione valgono alla Toma il 5º posto a 41 punti. 7 agosto il Tar del Lazio respinge l’istanza di sospensione cautelare del provvedimento mediante il quale si era avuta l’esclusione del campionato, confermandola. Era questo che avevo scordato. Lo scherzoso commento del tifoso fu udito dagli altri avventori del bar, tra i quali vi era il giornalista ed ex calciatore napoletano Felice Scandone, che, prontamente, lo riportò sulle pagine de Il Mezzogiorno Sportivo, periodico da lui fondato e diretto: la «battuta satirica» ottenne, in breve tempo, un’eco inaspettata, contribuendo – in modo decisivo – alla nascita dell’odierna mascotte del club.

La mascotte del Napoli è un asino, comunemente indicato come ciuccio o ciucciariello, che trae la propria origine dal cavallo inalberato, che era presente sul primo stemma adottato dal club, in seguito al cambio di denominazione del 1926. Il motivo di tale avvicendamento, che, in sostanza, è da ascrivere ai deludenti risultati conseguiti dalla compagine partenopea nella sua stagione d’esordio in Divisione Nazionale, fu puramente casuale. Gigi Di Fiore, La squadra del Napoli e i simboli della tifoseria: chi ha paura dello stemma borbonico delle Due Sicilie? Il vinile recava in copertina la dicitura «inno ufficiale dei tifosi del Napoli», oltre allo stemma del club e ai volti di Omar Sívori, José Altafini e Cané, mentre il lato B conteneva «le interviste che il «mitico» giornalista Gino Palumbo fece a Pesaola, Fiore, Juliano, Sivori, Ronzon, Canè e Altafini». La rifondazione del 2004, che segnò l’avvento dell’era De Laurentiis, portò, all’impianto sportivo di Fuorigrotta, le note di Go West, nella versione dei Pet Shop Boys, che, lungi dall’essere intesa quale inno, divenne la colonna sonora utilizzata per accompagnare l’ingresso delle squadre in campo. Una delle ultime sculture realizzate da Giò Pomodoro prima della sua morte, si trova davanti al palazzo del comune in piazza Roma.

Nel 2007, Erreà è la prima azienda in Europa nel settore del teamwear ad ottenere la certificazione Oeko – Tex Standard per i suoi prodotti, un attestato che pone limiti estremamente rigorosi in tema di sostanze nocive per la salute. Erreà ha sempre posto al centro del proprio lavoro l’impiego di tessuti sportivi dalle elevate prestazioni e l’attenzione alle tendenze del settore. Erreà Sport S.p.A è un’azienda italiana produttrice nel settore dell’abbigliamento tecnico sportivo, con sede a San Polo di Torrile, in provincia di Parma. Tali intrinseche peculiarità del pezzo, spinsero, nel 2004, lo stesso D’Angelo a chiedere ad Aurelio De Laurentiis di fare di Napoli l’inno ufficiale del club; ma la proposta non fu accolta dal presidente del sodalizio azzurro, che motivò la scelta evidenziando che, in un passaggio del ritornello, veniva citato e, dunque, celebrato un solo settore dello stadio San Paolo, la «Curva B»: «Nino, questo fatto della curva B divide, io ho bisogno di unire tutta la città intorno alla squadra».

Altra peculiarità di questo logo «outline», conseguenza dell’assenza di uno sfondo proprio, è l’assenza di un colore predefinito, che varia in base allo sfondo su cui è applicato. Il concetto di intercambiabilità del colore in base allo sfondo utilizzato viene sottolineato dal club, presentando sul sito ufficiale tre varianti dello stemma: blue navy su fondo bianco, bianco su fondo azzurro e azzurro su fondo blue navy. Sul volgere di quella stessa stagione, un’altra jersey, la «Everywhere Jersey Limited Edition», presentava il nuovo logo in bianco, ma, questa volta, dotato di sfondo blue navy. Declassata nella Seconda Categoria del nuovo Campionato Interregionale. In realtà, la matrice di Gennarì non era così «romantica», ma aveva, invece, natura sostanzialmente commerciale: la mascotte, infatti, nasceva come base di un progetto di merchandising, finalizzato allo sfruttamento diretto, da parte della società, del nuovo brand. Un ventennio più tardi, fu la presidenza Ferlaino a promuovere, contestualmente al lancio commerciale di Gennarì – la nuova mascotte del club – il singolo Nà Na, Napoli/Gennarì, cantato da Peppino di Capri, con il primo brano presentato come «inno ufficiale del Calcio Napoli». Miglior sorte ebbe, invece, un altro scugnizzo, dalle fattezze meno stereotipate e folcloristiche, introdotto su iniziativa della dirigenza del club, a metà degli anni ottanta, e noto come Gennarì.

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